Verso COP28: il futuro della sostenibilità

Marzo 7, 2023In Futuro sostenibileBy Cecilia13 Minuti

Il grande tema della sostenibilità ambientale, della rendicontazione delle performance e della lotta al cambiamento climatico sta via via assumendo sempre più importanza e centralità nel dibattito quotidiano dopo che, per anni, è stato affrontato in maniera fin troppo tecnica, lontana dalle priorità di cittadini e aziende.
Abbiamo quindi scelto di intervistare chi della diffusione capillare di questi temi si occupa da lungo tempo, nonostante la giovane età. Nadia Paleari, Innovation & Sustainability Strategist e consulente per Refe – Strategie di sviluppo sostenibile (partner di Redesign Comunicazione ormai da più di dieci anni) ha riassunto per noi la sua esperienza a COP27, allargando l’orizzonte anche sulla manifestazione del prossimo anno e sulla situazione italiana in merito a queste tematiche.

COP27 è stato un appuntamento fondamentale per tracciare le linee guida che accompagneranno il pianeta in quelli che molti definiscono “la sfida più importante del nuovo millennio”, ovvero la tutela della sostenibilità ambientale e la lotta al climate change. Quali sono stati i punti e gli eventi salienti della manifestazione?

N: COP27 è già diventata una pietra miliare nella storia della diplomazia climatica, e per tutte le due settimane di intensi negoziati ha attirato l’attenzione dei media e del grande pubblico, consacrando il passaggio della Conferenza da evento diplomatico di alto livello, estremamente tecnico, a manifestazione di massa, caratterizzata dal coinvolgimento attivo della società civile nei negoziati. Questo trend mediatico era iniziato già durante la COP26 di Glasgow, dove i riflettori internazionali erano giustificati dal contesto, si trattava infatti della prima edizione dei negoziati dopo due anni di pandemia e del primo appuntamento diplomatico sul clima dopo la nascita e l’affermazione dei movimenti climatici come Fridays for Future. La COP27 di quest’anno, tenutasi a Sharm el-Sheik in Egitto, si è svolta in uno scenario geopolitico diverso e meno favorevole, segnato dall’impatto del conflitto in Ucraina e dalla conseguente crisi energetica mondiale. Inoltre, il 2022 è stato un anno simbolico per la diplomazia climatica: a giugno ci si è riuniti a Stoccolma per celebrare i 50 anni dalla fondazione dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – fondato nel 1972 proprio nella capitale svedese – e “tirare le somme” di quanto fatto in 5 decenni di climate diplomacy. COP27 è stata caratterizzata dalla presenza, o assenza, dei leader mondiali: se da un lato il forfait di figure come Vladimir Putin (prevedibile) e dei Capi di Stato di India e Cina (più preoccupante), ha fatto sentire il suo peso, dall’altro il neo-eletto presidente del Brasile Lula è stato accolto con entusiasmo e il rinnovato impegno verso le politiche ambientali per la foresta amazzonica ha portato una ventata di energia ai negoziati. Già questo contesto è sufficiente a far capire quanto fosse alta l’aspettativa per COP 27. L’agenda scottante della crisi climatica sempre più pressante e l’urgenza di passare dalle parole ai fatti, ha fatto sì che fosse scelto il tema “Together for Implementation” con l’intento di negoziare il rinnovo e l’attuazione di quanto previsto dall’Accordo di Parigi. I principali obiettivi di questa edizione erano quindi quelli di accelerare gli sforzi per la riduzione graduale dell’uso di combustibili fossili, favorire l’eliminazione graduale dei relativi sussidi e l’implementare una strategia per garantire il rispetto del limite di 1,5° gradi. Ora che il sipario è calato, posso dire che COP27 ha avuto un esito inaspettato e forse migliore di quanto previsto inizialmente. Nonostante le grosse lacune nelle decisioni riguardo alle emissioni e alla mitigazione, COP27 ha portato alla creazione di un Fondo loss and damage e ha fatto passi in avanti importanti sul fronte economico con il riconoscimento della necessità di una revisione del sistema finanziario globale.

A proposito del Loss and Damage Fund: ci vuoi spiegare i tratti principali di questa misura?

N: La decisione storica sull’istituzione di un Loss and damage Fund (Fondo per le perdite e i danni) è stata senza dubbio la grande vittoria di COP27. Si tratta di una misura già proposta e discussa durante le precedenti COP, ma mai fino ad ora formalmente approvata a causa dello stallo geopolitico tra paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati, dovuto alle questioni di responsabilità e di finanziamento ad esso collegate. Il Loss and Damage Fund sancisce un traguardo storico perché riconosce finalmente il diritto alla compensazione, tramite un meccanismo di aiuti finanziari globale, per le conseguenze degli eventi climatici catastrofici causati dai cambiamenti climatici nei Paesi maggiormente colpiti. Il fondo prevede un supporto finanziario ai paesi per la riparazione e la ricostruzione di infrastrutture, la protezione dei beni culturali e la salvaguardia della vita umana e degli ecosistemi. Possiamo definirlo come uno strumento che rappresenta un passo importante verso la giustizia climatica, come sottolineato dalla Ministra per il Clima del Pakistan, Sherry Rehman, che ha commentato così l’accordo “l’istituzione di un fondo non è un’elemosina, ma un investimento lungimirante per il nostro common future”. Una volta formalmente in vigore, ritengo che abbia il potenziale per diventare uno dei più grandi esempi di cooperazione globale.

Dopo COP 27 quali saranno, secondo te, i futuri temi più importanti che verranno affrontati a COP28?

N: A COP28 l’attenzione dovrà necessariamente rivolgersi alla definizione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas serra, alla transizione verso fonti di energia pulita e rinnovabili e all’adattamento ai cambiamenti climatici già in atto, temi passati troppo in sordina a COP27. In particolare, posso immaginare una maggiore attenzione sui progressi nell’implementazione degli impegni nazionali per la riduzione delle emissioni (NDCs) adottati a livello globale in occasione dell’Accordo di Parigi del 2015. Si discuteranno inoltre le azioni necessarie per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 e la creazione di meccanismi per la trasparenza e la responsabilità per gli impegni presi a livello nazionale e internazionale. Purtroppo già non mancano le polemiche in vista di COP28 e viene da chiedersi quanto di questa agenda potrà essere effettivamente discusso: la nomina di Sultan Al Jaber come Presidente di COP28 ha sollevato non poche critiche e preoccupazioni su potenziali conflitti di interesse, vista la sua posizione di CEO della Abu Dhabi National Oil Company, una della maggiori compagnie petrolifere mondiali.

Nel 2023 è già stato indetto un summit sul clima con focus sulle misure per mantenere l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5°C. Quale peso avrà questo argomento a COP28, a tuo parere?

N: La COP28 sarà un’occasione importante per discutere le azioni da intraprendere per raggiungere l’obiettivo di mantenere l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5°C, noto come “Keep 1.5 alive!”. Questo obiettivo è stato ribadito dal Presidente di COP26, Alok Sharma, come il minimo a cui ambire per permettere lo sviluppo sostenibile e richiederà una significativa riduzione delle emissioni globali di gas serra e una maggiore transizione verso fonti di energia pulita e rinnovabile. Durante la COP28 si discuteranno le azioni da intraprendere per incentivare i paesi ad aderire e rispettare questi obiettivi, nonché le politiche e le tecnologie necessarie per raggiungere tali obiettivi. Inoltre, si discuterà anche su come i paesi possono adattarsi ai cambiamenti climatici già in atto e su come possono prevenire i rischi futuri. Inoltre, la COP28 segnerà anche la chiusura del primo ciclo di valutazione globale dell’Accordo di Parigi . Questo processo, noto come Global Stocktake (GST), ha lo scopo di valutare i progressi collettivi fatti nell’ambito dell’Accordo di Parigi e di identificare le opportunità di azione e sostegno più incisive. In altre parole, a COP28 si farà un “inventario globale” per raccogliere le informazioni fondamentali relative alla verifica dei progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi e per identificare le lacune e le opportunità di azione ancora esistenti. Questo bilancio globale aiuterà i Paesi a intensificare l’azione per il clima con lo scopo di agire per evitare le conseguenze più disastrose del cambiamento climatico.

Chiudiamo con una domanda più sull’as is italiano: in vista di COP28, come si presenterà il nostro paese alla manifestazione del 2023? Qual è, secondo te, la nostra situazione generale rispetto ai temi che verranno trattati?

N: Ritengo che in vista della COP28 l’Italia si trovi ad affrontare una particolare combinazione di sfide e opportunità per quanto riguarda la lotta contro i cambiamenti climatici. Nonostante abbia stabilito obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni, ci sono ancora progressi significativi da fare, soprattutto nel settore dei trasporti, che rappresenta ancora una fonte significativa di emissioni. Inoltre, l’Italia sta affrontando sfide profonde per quanto riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici, ad esempio nella gestione del rischio idrogeologico e nella protezione del patrimonio culturale. Tuttavia, ci sono anche grandi opportunità per il nostro Paese, in particolare nel campo dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, dove sono stati fatti progressi significativi. Certo, il nostro paese dovrà impegnarsi maggiormente per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e ciò richiederà un impegno costante da parte del governo, del settore privato e della società civile per implementare politiche e azioni efficaci. Recentemente, il governo italiano ha pubblicato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ma le recenti dimissioni dell’Inviato Speciale per il Clima, Alessandro Modiano, hanno sollevato preoccupazioni sulla continuazione della strategia intrapresa e sull’attuazione del PNACC. Rimane quindi da vedere come il nuovo esecutivo intenderà proseguire su questi temi, e se l’enfasi sulla sicurezza energetica non andrà a discapito della transizione verso fonti pulite. In quest’ottica, rassicura la conferma del Fondo italiano per il clima, una misura finanziaria quinquennale da oltre 800 milioni sviluppato con Cassa depositi e prestiti (Cdp) sotto il Governo Draghi, ora ereditato dal nuovo esecutivo.

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